Veneziani Bonaventura Rino

scultore
Piacenza, 10 settembre 1891 - Milano, 12 dicembre 1981

(Venezia) - Nato a Piacenza il 10 settembre 1891, mio padre, Bonaventura Rino Veneziani crebbe a Venezia, dove risedette per circa vent'anni. Mio nonno Ettore era capostazione, e la moglie che faceva Zanella di cognome, nata a Riva di Trento, ed all'epoca, di nazionalità austriaca.

Nel 1898 vi fu la rivolta del pane, con moti popolari, morti e feriti, motivata dalla fame. Mio nonno, malgrado fosse un funzionario, non aveva orario, era militarizzato. Le paga era bassa, il cibo scarso. Raccontava che, quando dei cugini portarono dalla campagna un sacco di fagioli secchi, fu "festa granda". Doveva presentarsi sempre in uniforme, ma quando la giacca nera, per la vetustà, stava perdendo il colore andando verso il verdognolo, la ritoccava con l'inchiostro.

Della vita di mio padre a Venezia non ne conosco che brevi episodi.

Mi raccontò di quel giorno che, anziché andare a scuola, si era perso sulle rive del porto, affascinato dalla vista delle navi ancora in legno, con marinai che salivano sulle alte alberature, e con enormi vele, esibendo abilità circensi e forme fisiche esteticamente eccezionali. Venezia era allora un porto marittimo e commerciale, con parecchie navi.

Il secondo racconto che mi pervenne fu, quando si fermò ad osservare una bottega dove abili artigiani scolpivano statuine in onice. Vi era allora un turismo d'elite, che si portava a casa, come souvenir la miniatura di una statua del Canova.

Allora le botteghe accoglievano ragazzi giovani che dimostravano buona manualità. Per questo lo invitarono a misurarsi con un piccolo blocco di onice. Subito notarono l'istintiva capacità nel trattare la materia, ancora primitiva, ma innata. Malgrado l'ottima prestazione la cosa però non ebbe seguito.

Era un ragazzino che vedeva la vita, non come tutti, ma dotato di eccezionale fantasia e sensibilità, che lo rendeva distaccato dalla realtà, percependo le cose ed i colori, secondo dei canoni estetici, del tutto particolari. Frequentò per breve tempo una scuola di disegno. Del periodo di Venezia restano, la mia conoscenza, un acquerello, fatto a 14 anni, ed una serie di quadri ad olio, bellissimi per la loro freschezza, che ritrovai a casa del cugino Ettore Pizzi.

(Mantova) - Da giovane si trasferì a Mantova. Lui era l'ultimo figlio di una serie di sorelle. La più grande, Emma, aveva sposato un impresario teatrale che aveva assunto la conduzione del teatro Andreani, ed ospitava le cosiddette Compagnie di giro. Parliamo di Zacconi, Ricci, la Duse ecc., e che andavano anche in USA, Argentina, Francia, dove potevano contare su un folto pubblico italiano. Allora gli attori di teatro erano considerati come divi del cinema o della televisione di oggi.

Si dà il caso che la famiglia della zia, Emma Pizzi, fosse una famiglia benestante, ma spendacciona. Mio padre, non certo nato per la contabilità, ma sparagnino perché aveva conosciuto la miseria, divenne per un certo periodo il direttore del Teatro.

Nel frattempo sposò Fortunata, una sartina di Mantova dalla quale nacquero Cesare e Vanda, miei fratelli. Del periodo mantovano restano la memoria di un amicizia con il filosofo Ardigò del quale fece una statuetta, un ritratto che detiene mio nipote Mario, ed alla sua morte, la maschera mortuaria in gesso.

Nel frattempo ci fu la guerra 15/18 che ebbe la "fortuna" di schivare perché da ragazzo una caduta gli fratturò una caviglia, che i mezzi di allora non risolsero, ed ebbe a zoppicare per tutta la vita. Finita la guerra molti paesi vollero erigere il monumento ai Caduti. Mio padre realizzò quelli di Castellucchio e di Palidano in provincia di Mantova, e quelli di Villa Bartolomea e di Volarne-Chiusa dell'Adige nel Veneto (Dolcè di Volargne - VR). (Esegue anche il Monumento ai Caduti di Sabbioneta che viene inaugurato il 21 aprile 1921).

Anni fa conobbi, da, donna matura, la bambina che con una funicella fece cadere, al momento dell'inaugurazione, il telo che copriva il complesso statuario di Castellucchio.

(Milano) - Venne a Milano, per lavoro, ma in realtà ebbe prima a risiedere in due paesi del varesino, comodi perché sin d'allora facilmente collegati con Milano, tramite la ferrovie Nord. A Mozzate venni concepito io, per puoi nascere a Milano, dove nel 1931 si trasferì la famiglia .

Lavorò per molti anni con lo scultore Oreste Labò, e di seguito con Giannino Castiglioni, a Milano, noto scultore, autore della la tomba del Campari, la tomba detta GOLGOTA di Antonio Bernocchi posta al centro del Cimitero Monumentale, una porta bronzea in Duomo, ed il S. Francesco posto accanto ad una fontana con le colombe, davanti alla chiesa di S. Angelo.

Mio padre era molto apprezzato, in particolare per la raffinatezza che usava nel rifinire le mani, e soprattutto i visi dolcissimi delle Madonne.

Ma l'artista non è mai contento, in primis con se stesso, ed aspira a sempre di più. Fu cosi che per pochi anni aprì uno studio in un cortile di via Porta Tenaglia, producendo grandi opere sia in marmo che in bronzo, alle quali poteva apporre la sua firma. Fece la statua della Madonna della Neve a Savona per il Convento delle Suore. Per la Basilica di S. Vittore, un S. Giuseppe alto circa due metri, che dovrebbe trovarsi ancora là. Il bellissimo bassorilievo del pulpito dove dominava Cristo, attorniato da S. Vittore, oltre gli altri Santi protettori di Milano, e la croce con intreccio di foglie d'ulivo, e i quattro Evangelisti, che supportava un Cristo in bronzo del Cellini, che nella Basilica non si vedono più.

Era molto apprezzato, ma molto mal pagato dal Don Carlo, che si fece fare, per buon peso, una lastra tombale per la madre (e, come si dice a Milano, "a fià d'oca"). In Canada si trovano il busto di Luis Tascherau (allora primo ministro del Quebec), ed un marmo con una "bambina uscente dal bagno" in marmo di Candoglia. Poi la lastra tombale della moglie di un ambasciatore canadese che, essendo lui ebreo, mio padre la risolse con un bassorilievo di un bosco, scosso dal vento impetuoso di un temporale. Al cimitero monumentale una "Deposizione" e un gruppo funerario "Angeli Adoranti".

Nel 1938 (diciamo circa, perché non ricordo esattamente l'anno), mio padre ebbe un ingrossamento alla caviglia offesa, i medici avevano diagnosticato un male incurabile. Lui si chiuse in se stesso, rifiutando qualsiasi cura, ed a sottoporsi alla visita di altri medici. Ricordo mia madre affranta e spesso in chiesa a pregare. Risolse la situazione mio fratello Cesare che, con un "tranello", portò in casa il padre di un suo amico, medico, che gli riscontrò solo una momentanea irritazione, prescrivendogli sole e sabbiature. Fu così che partimmo, per circa un mese ad Albissola dove ricordo i miei fratelli già "signorini" come si diceva allora, che trovarono compagnia e si divertirono moltissimo, lo di allora mi ricordo solo le canzoni in voga.

Mio padre, tornati, continuò le sabbiature al sole del balcone di casa, e tornò a lavorare. Ma il suo operare fu quasi completamente stroncato da un bombardamento nel 1942 che gli abbatté completamente lo studio, dove aveva tutti i suoi gessi, i disegni ed i progetti passati e futuri.

Nel 1940 era scoppiata l'ultima guerra, e nel 1942, la famiglia sfollò a Mesero, un paesino in provincia di Milano, dove si adattò a lavorare in casa, come poteva. Poi andò in Seminario, per un paio di mesi, a Corbetta, non chiamato dalla vocazione divina, ma dal Prefetto dei Salesiani, che gli ordinò una grande pala d'altare dedicata a "Mater Orphanorum' con S .Gerolamo Emiliani che accoglie gli orfani di guerra. Ora è a Legnano nel "Nuovo Tempio".

Negli anni '50 fece in grande bassorilievo allegorico, per la Ditta di costruzioni Socogen, dove sintetizzava il lavoro di cantiere edile con, in primo piano, la di figura dell'Ingegnere committente l'opera. Nel 1959, celebrazione dell'ottavo secolo della fondazione della Biblioteca Ambrosiana, si inaugurò un busto del Papa Giovanni XXIII. Nell'occasione il Corriere Lombardo nella pagina della cronaca,, riportò la fotografia di mio padre intento a scolpire il busto.

FABBRICA DI MEDAGLIE SENESI

"El Cecchin" era un milanesone, già martinitt, socialista nel cuore, ed uno che si fece, per ben due volte nelle due guerre mondiali, la prigionia in Germania. Abile marmista, e innamorato dell'arte di mio padre gli fece conoscere Senesi dirigente di una importante fabbrica, che gli commissionò per circa vent'anni, e questo da prima della guerra, modelli per medaglie di carattere religioso, coppe o piccoli bronzi per lo sport.

Mio padre, perso lo studio, dovette adattarsi a operare, in casa, sul tavolo di cucina. Per i modelli di medaglie, che fece per più di vent'anni, era velocissimo. Schizzava a matita quello che voleva il committente e, congedatolo, iniziava il lavoro. Su una tavoletta realizzava in plastilina l'opera, gettava la forma femmina in gesso, per poi gettare la parte in rilievo che, ricavata, veniva finita nei particolari. Non aveva mai ripensamenti: quello che aveva in testa riusciva a realizzarlo, e tutto in giornata! Ricordo il giorno (anno 1940), che fu eletto Papa il Cardinale Pacelli. Aveva già pronto il modello in gesso con il ritratto, mancava solo il nome, che Pio XII assunse una volta eletto. Fece anche moltissimi piccoli bronzi, come "la Manetta", il saxofonista Jim Mulligan, le tre maschere del teatro, la Venere sulla conchiglia marina, e molte testine di bimbi. Ma il suo piccolo capolavoro fu il profilo di S. Francesco in marmo di Carrara, di circa 16x22 cm, con scritto "Laudato si’ mi signore", sottilissimo e trasparente, che ne faceva un oggetto particolare. Poi da questo bassorilievo ne trassero innumerevoli soggetti in bronzo, lo fui testimone della creazione della statuetta raffigurante il saxofonista Jim Mulligan, visto in TV. Non era certo amante della musica jazz, ma osservava con estremo interesse la figura del nero, longilineo, dinoccolato, che abbracciava lo strumento come fosse un prolungamento del suo corpo. Tutto ciò lo colpì e iniziò a disegnarlo, per poi ricavarne una statuetta.

(Bogliasco) - Nel 1960 si trasferì a Bogliasco dove, affascinato dal sole, dal mare e dai colori della Riviera Ligure, si dedicò con grande passione, che si portava dentro da tanti anni, alla pittura dei fiori e dei paesaggi di mare. Fece tantissimi quadri. Molti li dava in cambio di favori o prestazioni ad abitanti del paese. Questo fu il suo pensionamento, malgrado ogni mattino, e sempre con rinnovata energia si apprestava a creare.

Ma ha sempre avuto un carattere schivo, non amante le associazioni o le riunioni con altri artisti. Gli bastava il ritrovarsi con i suoi colori, gli scalpelli, ed il suo cavalletto. Questa era la sua vita.

Partecipò, occasionalmente a qualche mostra collettiva, non fece mai mostre personali, non ha mai chiesto l'intervento, più o meno interessato, dei critici e della stampa, per cui, dal punto di vista finanziario, malgrado il valore artistico indiscusso, non è quotato.

Morì a Milano il 12 dicembre 1981, ma riposa a Bogliasco, da dove si vede il mare.

Ettore Veneziani, 5 marzo 2024 (figlio)


Attivo a Mantova dall’inizio del 1900. Scultore.

Dal dicembre 1915 al gennaio 1916, partecipa alla “Mostra Artistica Mantovana pro mutilati e orfani di militari caduti in guerra” al Palazzo Ducale di Mantova con la scultura: Maschera del pittore Somensari - gesso.

Nel maggio del 1920 la rivista mantovana Procellaria riporta la riproduzione della sua scultura, Ritratto di Roberto Ardigò. Lo stesso anno realizza in bassorilievo il ritratto di Cesare Fretta, oggi collocato sulla facciata della casa in Via Cavour n. 45, a Mantova; La Voce di Mantova a proposito riportava il seguente articolo: “Dopo la fine atroce dell’armaiolo Cesare Fretta, perito fra le fiamme del suo negozio incendiato nelle giornate del 3 e 4 dicembre 1919, venne ventilata la proposta di far eseguire un bassorilievo per pubblica sottoscrizione e l’incarico fu affidato allo scultore B. Rino Veneziani, il quale ha finito in questi giorni la sua pregevole opera. Si tratta di un bassorilievo in bronzo di proporzioni superiori al vero, che per il forte carattere e senso plastico è un’ottima scultura, tanto più apprezzabile per chi conosce il bassorilievo e le sue difficoltà di saper dare con poco la sensazione di cosa in tutto rilievo. Raccogliendo le impressioni del pubblico per ciò che si riferisce all’assomiglianza e per quanto abbiamo constatato anche noi, ci congratuliamo cordialmente con B. Rino Veneziani per il riuscitissimo ritratto. Il bronzo, esposto nella vetrina della Stem, vi rimarrà per parecchi giorni all’ammirazione pubblica.”

Nell’ottobre 1920 partecipa all’“Esposizione del Paesaggio Italiano” di Gardone (BS).

Dal 22 maggio 1921 prende parte alla “Mostra Artistica Mantovana” che si tiene nel Palazzo Ducale di Mantova. Nel settembre partecipa, con una testa di Roberto Ardigò ben disegnata a sanguigna, alla “Mostra artistica” che si tiene nella sede della Famiglia Artistica Mantovana in Piazza Castello a Mantova. Realizza pure il Monumento ai Caduti di Sabbioneta, che viene inaugurato il 21 settembre dello stesso anno. Nel novembre, viene eletto Consigliere della Famiglia Artistica Mantovana.

Nel 1921 illustra con 5 xilografie il libro: Rogo. Improvvisazione di Stefano Sciaccaluga per la celebrazione del 4 novembre 1921. Xilografie dello scultore B. R. Veneziani, Editore: Tipografia Eredi Segna, Mantova,

Esegue il monumento ai Caduti di Castellucchio (MN), con un bassorilievo che raffigura un soldato colpito che sta cadendo a terra. (1921/1922 ca.)

Esegue il monumento in bronzo e pietra ai Caduti di Villa Bartolomea (VR), inaugurato il 4 novembre 1922.

Realizza il Monumento con scultura in bronzo ai Caduti di Dolcè (VR), del 1924 c.

Nel febbraio-marzo 1927 è presente all’“Esposizione Primaverile” di Milano, con tre sculture, Testa di bimbo (bronzo), Pianto (figuretta in gesso), e Lavoro e santità (gesso).

Partecipa all’“Esposizione Primaverile di Belle arti” di Milano che si tiene dal maggio al luglio 1928, con le sculture Piccola testa di bimbo (bronzo) e Ritratto di signora (testa in gesso).

Nel 1929 l’industriale milanese Pero Preda amico e benefattore del filosofo, omaggia la testa in gesso lavorato a bronzo di Ardigò alla Biblioteca Comunale di Mantova.


Bibliografia:

1915 - Mostra artistica mantovana pro mutilati e orfani di militari caduti in guerra, catalogo mostra, Mantova, Palazzo Ducale, p. 13.

1920 - Ritratto di Roberto Ardigò, (ill.), Procellaria, Mantova, n. 1, maggio, tav. f. t..

1920 - Un riuscitissimo bassorilievo di Cesare Fretta, La Voce di Mantova, 20 settembre, p. 4.

1920 - I nostri pittori all’esposizione di Gardone, La Voce di Mantova, 16 ottobre, p. 2.

1921 - La mostra Artistica Mantovana, Mantova, La Voce della Sera, 20 maggio.

1921 - Il Monumento ai Caduti - Sabbioneta, Mantova, La Voce della Sera, 30 agosto.

1921 - Dunkerel, Alla Mostra Artistica, Mantova, La Voce della Sera, 16 settembre.

1921 - Prof. G. C., Un ricordo ai caduti inaugurato a Sabbioneta, Mantova, La Voce della Sera, 10 ottobre.

1921 - Famiglia Artistica Mantovana, La Voce della Sera, 20 novembre, p. 4.

1927 - Esposizione Primaverile di Belle Arti, catalogo mostra, Milano, febbraio-marzo.

1928 - Esposizione Primaverile di Belle Arti, catalogo mostra, Milano, marzo-luglio.

1975 - Wolfango Pimardi, Bonaventura Rino Veneziani, Arte Cristiana - Rivista Illustrata d'Arte Liturgica ..., Milano, Fascicolo 617, Marzo 1975, Volume XLIII, pp. 79/84.

2004 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume VI, Sa - Zir, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 3180/3181.

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